CATALOGHI E LIBRI

GIUGNO 2021

IL COLORE NELL’ARTE

Il colore accompagna l’umanità (e la sua creatività) da sempre, perlomeno da quando i nostri antenati, nel Paleolitico, cominciarono a insufflare pigmenti naturali in piccole canne per riprodurre le sagome delle loro mani sulle pareti delle grotte. Il rapporto fra colore e arte, tuttavia, non è solo intuitivo, come avverte Massimo Carboni, filosofo e docente di estetica, nell’introduzione a questo libro, nuova edizione dell’opera uscita nel 2006. Il volume propone «un periplo storico e geoculturale dell’impiego del colore nelle arti del mondo», in particolare la pittura, con saggi su arte africana, cinese, islamica, bizantina, medievale, rinascimentale, fino a Matisse e agli artisti del secondo dopoguerra. Gli autori affrontano il tema sotto infiniti punti di vista. Il filo conduttore può esser circoscritto, spiega Carboni, da due “exerga”: l’uno di Paolo Pino (Dialogo di pittura, 1548) - «Sono infinite le cose appartenenti al colore e impossibili a esplicare con parole» - l’altro, del 1810, di Goethe (Teoria dei colori, 1810) - «Da che tempo è tempo è stato piuttosto pericoloso parlare del colore».

AA.VV., saggio introduttivo di Massimo Carboni Jaca Book, Milano 2021 260 pp., 157 ill. colore € 50

IMMAGINI E PAROLE

Autunno 1988: Cartier-Bresson parla al telefono con Robert Delpire (1926-2017). Ha saputo che l’amico parigino, editore e curatore di tanti libri sulla sua opera, sta organizzando a Parigi l’ennesima mostra delle sue fotografie al Palais de Tokyo. Henri ne è appena al corrente; difatti l’evento, che s’inaugurerà a dicembre di quell’anno, avrebbe dovuto essere un omaggio a sorpresa, per così dire, per festeggiare il compleanno del grande fotografo, che ha compiuto ottant’anni il 22 agosto. Ma tant’è, Henri lo è venuto a sapere, avuta la notizia che stanno ristampando alcune sue immagini, e ha pensato di partecipare anche lui con l’ultimo scatto che ha fatto. All’amico dice di non fotografare da quindici anni: «Ormai non faccio che disegnare. Mi occupa il tempo e la testa… Ma qui, eravamo sull’Isle-sur-la-Sorgue, Martine guardava dei ruderi. Queste cose non m’interessano un gran che. D’un tratto però mi volto e vedo gli alberi, il fascio di luce sull’acqua, un’anatra. Ecco il risultato… Non è male, vero?... Ti piace? … Alberto [Giacometti] diceva sempre che bisogna fare il punto, ogni giorno, per sapere dove si è arrivati col proprio lavoro. Bene, io sono qui…». Quello scatto provenzale - ora ripubblicato in questo libro, alle pagine 42-43 - è tanto pittorico da somigliare, ci pare, sorprendentemente, a una celebre serie di Monet (1891), con i pioppi che si riflettono nell’acqua dell’Epte, nei pressi di Giverny. Il libro su Cartier-Bresson in questione uscì la prima volta a corredo della mostra nel 1988. Si trattava di questo: Delpire aveva fatto scegliere a famosi scrittori, amici, poeti, artisti, fotografi, filosofi, registi (oggi in gran parte scomparsi) uno scatto ciascuno, fra i tanti di Cartier- Bresson, indipendentemente dal luogo e dalla data di esecuzione, da commentare brevemente. Le scelte, come i commenti, furono disparate: molti scatti notissimi, altri meno. Bene ha fatto Contrasto a ripubblicare l’edizione, che nel 2004 era stata aggiornata con ulteriori chiose e fotografie. Il commento più fulmineo e articolato è di Saul Steinberg (1914-1999), che accompagnò con un proprio disegno la fotografia di Matisse con la modella (Venezia, 1944): «In questa catena, la foto di Henri è viva e il mio disegno una natura morta».


Henri Cartier-Bresson Contrasto, Roma 2021 152 pp., 49 ill. b.n. € 22.90

SCENE DA UN
MATRIMONIO FUTURISTA

Con dispiacere pubblichiamo queste righe senza poter ringraziare e salutare personalmente, come avremmo voluto, Lino Mannocci. L’autore di questo libro, uscito ad Ancona nel 2019 per Affinità elettive, ristampato a gennaio 2021 da Neri Pozza, è stato artista e fine intellettuale, e fra i fondatori, negli anni Ottanta, del gruppo La Metacosa. Nato a Viareggio nel 1945, scomparso il 6 aprile scorso a Londra, dove aveva studiato e da tempo viveva, Mannocci aveva esposto in tutto il mondo i suoi dipinti delicati e poetici. Questo suo libro è come un epilogo egregio alla sua vita densa di interessi (la copertina è un’opera sua, fra le altre cose). Scritto in modo scorrevole e autorevole, denso di riferimenti bibliografici, Scene da un matrimonio futurista recita, nel sottotitolo: «Gino Severini sposa Jeanne Fort a Parigi nel 1913». In effetti il racconto parte proprio da quel matrimonio epocale - tanto discusso dagli amici futuristi che avevano in uggia i legami sentimentali - avvenuto il 28 agosto del 1913, alla presenza di giovani artisti e intellettuali come Max Jacob, André Salmon, Francis Carco, Fernand Léger, e altri meno noti, come l’ambigua Rachilde, Stuart Merrill, Alfred Vallette. Testimoni di nozze per il trentenne cortonese, trapiantato a Parigi, e la sua giovanissima sposa Jeanne Fort, sedicenne, figlia di Paul Fort, all’epoca il principe dei poeti parigini, furono nientemeno che Apollinaire e Marinetti. Mannocci elabora, con grande eleganza, una serie di capitoli, che sono veri e propri saggi su personaggi celeberrimi e non, partecipi a Parigi, ma anche in Italia, di una delle più controverse avanguardie d’inizio Novecento, il futurismo, con le sue infinite variazioni e ambiguità. Scorrevole come un testo di narrativa, Scene da un matrimonio futurista non è, come si potrebbe immaginare, una biografia romanzata (ne proliferano fin troppe, di questi tempi). Mannocci prende spunto dal felicissimo matrimonio di Severini, durato finché l’artista non scomparve, nel 1966, per rievocare poi, con sapientissimi intrecci, personalità, episodi e considerazioni su una stagione ancora in parte da scoprire. Tredici i capitoli, in parte dedicati a figure ed episodi legati in qualche misura a Severini, in Italia e a Parigi, e in parte sui molti intrecci del futurismo, per esempio con il cubismo, o con la guerra e la febbre spagnola, che falcidiarono Boccioni e Apollinaire.

Lino Mannocci Neri Pozza, Vicenza 2021 256 pp., 18 ill. b.n. € 13,50

LE VITE DEGLI ARTISTI
DI GASPARE CELIO

Se dovessimo dare un premio a un libro d’arte uscito in mesi recenti, il primo posto andrebbe senz’ombra di dubbio, per meritevole rilevanza critica, a questo di Riccardo Gandolfi, prefato con impeccabile chiarezza da Alessandro Zuccari, che è stato suo docente per il dottorato in storia dell’arte moderna alla Sapienza. Gandolfi, oggi funzionario dell’Archivio di Stato di Roma, stava indagando sull’artista romano Gaspare Celio (1571-1640), finora noto per intemperanze, inimicizie, contenziosi, nonché per molti dipinti andati perduti, ma anche per un’opera letteraria (menzionata, fra le altre fonti, nella Pinacotheca dell’amico De Rossi, del 1643), che non era neppure certo fosse davvero mai esistita. Esisteva invece, eccome, e il rinvenimento si deve all’acribia dello studioso, che ha rintracciato il manoscritto nelle raccolte del britannico Stonyhurst College. Un bravo storico dell’arte è anche un detective, e questo è un caso eclatante d’indagine capillare, degna di un thriller ben risolto. Il manoscritto in questione, qui pubblicato per la prima volta, integralmente, con apparato storico, critico e filologico, ripercorre le Vite degli artisti, a partire dalle origini, in buona parte rifacendosi ai precedenti vasariani del 1550 e del 1568, arricchendosi però di postille scritte da Celio, che in massima parte rivede, critica, talvolta deride la visione fiorentinocentrica del teorico e artista aretino: con omissioni e “damnatio memoriae” assai significative (Caravaggio in testa), e aggiunte su artisti romani che Vasari, morto nel 1574, non poteva conoscere, e di cui forse non avrebbe mai parlato, se fosse vissuto più a lungo. Peraltro, Celio aveva vergato a mano molte postille sull’edizione 1550 delle Vite di Vasari, conservata alla Biblioteca nazionale di Firenze. Il manoscritto in-ottavo di Celio (146 carte) rilegato e rifilato, con alcune perdite, nel XIX secolo, è autografo, dato che la grafia è identica a quella delle postille. L’importanza del ritrovamento e dello studio di Gandolfi, al quale ne seguiranno altri, speriamo, su tali temi, è indubbia, non solo per la pittura italiana della Controriforma e del primo Seicento ma anche per questioni di metodo.


Riccardo Gandolfi Olschki, Firenze 2021 404 pp., 54 tavv. colore € 48

ART E DOSSIER N. 388
ART E DOSSIER N. 388
GIUGNO 2021
In questo numero: LEGAMI Renzo Piano e Gillo Dorfles. Mary Cassatt e Louisine Havemeyr. PRIME TRACCE DI MONDI NUOVI: Due mappe del Rinascimento. IN MOSTRA: Ionda a Firenze; Samorì a Bologna; Arte americana a Firenze; Schmidt a Parigi; Casa Balla a Roma; Odori all'Aja.Direttore: Claudio Pescio