Grandi mostre. 4
Michael Schmidt a Parigi

Per la precisione,
berlino

A partire dagli anni sessanta, nella produzione di Michael Schmidt, a cui è dedicata un'importante mostra al Jeu de Paume, la città di Berlino viene esplorata ossessivamente nella sua realtà urbana e sociale, a volte con un intento quasi documentaristico, a volte rasentando l'astrattismo, fino al pieno recupero del senso della sua storia.

Francesca Orsi

«La fotografia è stata inventata per consentirci di ritrarre la realtà con completa precisione fino all’ultimo dettaglio. Non esiste altro mezzo - a parte i mezzi di comunicazione che derivano dall’invenzione della fotografia (per esempio film e televisione) - che sia in grado di documentare la realtà esattamente come è attraverso il processo tecnico», scriveva Michael Schmidt (1945-2014), ex poliziotto, fotografo autodidatta, nel marzo 1979(*).

Michael Schmidt nella sua produzione fotografica ha ossessivamente esplorato Berlino - scandagliata in molti suoi periodi storici, nei suoi mutamenti sociali, politici, negli spazi pubblici, nei volti della gente, attraverso gli elementi iconici della cultura materiale della Repubblica Democratica Tedesca - e lo ha fatto in un flusso iconografico eterogeneo. Paesaggi urbani e naturalistici, ritratti, riproduzioni di immagini storiche del periodo nazionalsocialista, tutte fotografie unitamente tese a far trarre esperienza dalla realtà rappresentata e a documentare inoltre il rapporto intriso di inesorabili fragilità tra l’uomo e la storia tedesca. Come fotografo si è sempre posto in subordine rispetto al suo soggetto e alla storia della Germania, secondo uno stile ostentatamente piatto e oggettivo, con una tavolozza di varie gradazioni di grigi che non raggiungono mai gli estremi del bianco e nero, né della speranza e della disperazione, come amava servirsene, invece, Robert Frank. Al Jeu de Paume di Parigi, fino al 29 agosto, la seconda tappa della mostra itinerante dedicata alla sua opera omnia, Michael Schmidt. Un’altra fotografia tedesca (la mostra sarà poi al Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía a Madrid e all’Albertina a Vienna).

L’esposizione si compone di circa trecento fotografie, molti materiali d’archivio come locandine e fotografie di vecchi allestimenti espositivi, libri e riviste, il tutto articolato come una passeggiata cronologica sulla poetica documentaristica del fotografo berlinese, dal 1965 al 2014, anno della sua morte.

Dal 1965 al 1980 Michael Schmidt si concentra sulla mappatura puntuale e pedissequa di Berlino Ovest, i quartieri di Kreuzberg, Wedding, molti progetti finanziati da fondi pubblici ed esposti in spazi pubblici, come la stazione della metropolitana o il municipio.

Senza titolo, Berlin-Kreuzberg. Stadtbilder (1981-1982).


Schüler der 4. Klasse, Grundschule, Berlin-Wedding (1976-1978).

La sua è una documentazione oggettiva del paesaggio urbano, cesellata dall’uso di una luce neutra, senza ombre che possano distrarre lo spettatore dalla sua fruizione, per una piena resa della fotografia come documento obiettivo, credibile e autentico. Nel ritrarre le persone, però, i suoi toni cambiano leggermente, le ombre fanno capolino a volte, le rughe del tempo iniziano a intravedersi. In Senioren in Berlin (1974-1975) i contrasti non sono certo di casa, ma si percepisce la storia di una nazione sui volti grinzosi e sulle schiene ricurve degli anziani ritratti, facendo percepire un sentimento dalla rappresentazione del loro corpo, un sentimento legato al passato della Germania. In Photographien (1972-1975), invece, si intravede un modo alternativo di appropriarsi della realtà urbana, un approccio che si connota di astrattismo, di concettualismo, le strutture che Schmidt trova sparse per Berlino si tramutano in sculture e perdono la loro valenza funzionale, decontestualizzandosi quasi come degli “still life”. Nella composizione meticolosa di tre pompe di benzina, intervallate da un uguale spazio nero, si può scorgere lo stile documentario di Walker Evans, quella sua tensione a registrare frontalmente il paesaggio americano con le sue scritte e le sue insegne, ma in un certo senso considerando queste immagini nella loro valenza astratta torna alla mente anche l’estetica industriale dei coniugi Bernd e Hilla Becher, che Michael Schmidt conosceva bene.

Il 1980 funge da spartiacque per la produzione di Schmidt, è l’anno di Berlin nach 45. In questo progetto il fotografo berlinese continua a interessarsi alla sua città, a documentarne gli spazi aperti, la conformazione urbanistica, ma è il senso della storia tedesca che pervade le sue immagini, sono le ripercussioni della seconda guerra mondiale. I fantasmi del regime nazista aleggiano tra le strade deserte, tra i casermoni avvolti da un nebbioso oblio, tra le rovine della Berlino che fu, tra gli spazi in assenza dell’uomo. Quello che attua Schmidt sembra essere una campagna topografica per cercare però di evidenziare non tanto quello che compare, ma quello che manca, che non c’è più, i vuoti legati a un passato scomodo e doloroso.


Uno stile ostentatamente piatto e oggettivo, con una tavolozza di varie gradazioni di grivi


Senza titolo, Waffenruhe (1985-1987).


Senza titolo, Waffenruhe (1985-1987).

Senza titolo, Waffenruhe (1985-1987).


Senza titolo, Berlin-Kreuzberg. Stadtbilder (1981-1982).

Senza titolo, Waffenruhe (1985-1987).


Senza titolo, Berlin-Kreuzberg (1969-1973).

La storia sembra far comparire i suoi segni e le sue tracce anche sui corpi


Da quel momento, nella sua produzione fotografica, la simbologia e la valenza storica hanno la meglio sulla documentazione oggettiva e sui suoi grigi e così in Waffenruhe (1985-1987) il bianco e nero si satura e compare, diversamente dai progetti passati, una certa soggettività di Schmidt stesso nel ritrarre, per la prima volta, il Muro di Berlino e i suoi effetti sulla popolazione cittadina. In questo lavoro la rappresentazione del Muro non si canalizza unicamente nella sua documentazione fattiva, ma anche nei volti delle persone ritratte e la storia sembra far comparire i suoi segni e le sue tracce, oltre che sulla conformazione urbanistica della città, anche sui loro corpi, conferendo alla simbologia del Muro di Berlino anche quella di esperienza umana.

Nei progetti degli anni a seguire Schmidt continua a cercare sul fondale della città i segni del passaggio della storia: Portraits 1987-94, 89/90, Architektur 1989-91, fino ad arrivare a U-ni-ty (1989-1994), che appare come una summa del suo lavoro, esposto nel 1996 al MoMA di New York. Il Muro era caduto, la Germania si era unificata e Schmidt produce le immagini di questo lavoro senza chiari riferimenti né visivi né temporali. Miscela fotografie di repertorio con fotografie della cultura materiale della Repubblica Democratica Tedesca, rifotografa immagini di riviste e libri del periodo nazista e continua a ritrarre la storia nei volti delle persone. Compaiono ancora i suoi grigi e il suo approccio topografico, in alcuni casi, le sue immagini anonime, ma anche la sua soggettività, in uno stile che si rende vario ed eterogeneo. Queste immagini trovano la loro sussistenza nella loro sequenzialità, nella loro valenza dialettica. Schmidt lavora con la decontestualizzazione spazio-temporale dell’immagine, con la natura della sua rappresentazione, con la manipolazione visiva, andando oltre, qui come non mai nella sua produzione, la visione della fotografia come documento obiettivo, credibile e autentico. Quello che emerge da U-ni-ty è la creazione di un nuovo mondo iconografico, che non ha più molti riferimenti con il mondo esterno, se non il profondo senso storico per un paese, il suo, la Germania.


Senza titolo, Waffenruhe (1985-1987).


Senza titolo, Architektur (1989-1991).

Michael Schmidt. Une autre photographie allemande

a cura di Thomas Welski e Laura Bielau
fino al 29 agosto
Parigi, Jeu de Paume

www.jeudepaume.org

ART E DOSSIER N. 388
ART E DOSSIER N. 388
GIUGNO 2021
In questo numero: LEGAMI Renzo Piano e Gillo Dorfles. Mary Cassatt e Louisine Havemeyr. PRIME TRACCE DI MONDI NUOVI: Due mappe del Rinascimento. IN MOSTRA: Ionda a Firenze; Samorì a Bologna; Arte americana a Firenze; Schmidt a Parigi; Casa Balla a Roma; Odori all'Aja.Direttore: Claudio Pescio