Grandi mostre. 2
Franco Ionda a Firenze

Il “magazzino
delle idee”

Chiara Toti

La personale di Franco Ionda dal titolo Smarriti, ospitata presso l’andito degli Angiolini di palazzo Pitti, racchiude l’intero universo per immagini costruito dall’artista in quarant’anni di lavoro. Ambigua, che accoglie il visitatore, ne è indubbiamente l’emblema, come si confà a un’opera di così vasto impegno, pensata proprio per quegli spazi e nell’occasione della mostra. Ionda chiama infatti qui a raccolta buona parte di quel repertorio di segni identitari ai quali si deve l’immediata riconoscibilità della sua arte. Su tutti le stelle decapitate con il loro tipico profilo sghembo e tagliente, tra angoli acuti e ottusi, ideato nel 1988 a partire dallo studio delle ombre e impostosi in breve tempo come un suo personale quanto efficace “trademark”.

Le stelle di Ambigua preservano a tutt’oggi inalterata anche la fragranza della metafora visiva da cui l’artista trasse la scintilla dell’ispirazione, ovvero i versi finali della Nuvola in calzoni composti nel 1914 dal giovane Majakovskij: «Guardate! Hanno di nuovo decapitato le stelle / e insanguinato il cielo come un mattatoio». Versi che Ionda non solo traduce in una forma iconica, ma che traspone in un contesto semantico tutto terreno. «Per me adesso il cielo è in terra, si è rovesciato e le stelle si possono toccare» dice l’artista, quasi a evocare quell’accatastarsi caotico di stelle le une sulle altre in Ambigua, così come in una lunga serie di prove antecedenti. Scese in mezzo a noi, le stelle diventano dunque le colonne portanti di un nuovo sistema di valori che Ionda erge in difesa di un’umanità fragile di cui segue le sorti con intima partecipazione. Ancora in Ambigua, la figura all’estrema destra discende infatti da una stirpe di “lanciatori di stelle” a cui l’artista dà vita fin dal 1991, suggestionato e sollecitato dalle immagini diffuse dai mass media dei migranti albanesi sbarcati sulle coste pugliesi. Le stelle, dunque, al posto dei sanpietrini per chi combatte a mani nude una lotta vecchia come il mondo contro i soprusi e per i propri diritti. E così anche i chiodi - astratti in una forma lunga e stretta - combinati alle stelle, entrambi simboli di speranza e strumenti di riscatto e (ri)costruzione per le vittime dei conflitti, dalla Guerra del Golfo a quella del Kosovo, dalla polveriera africana a quella mediorientale. L’intento di Ionda va tuttavia oltre la singola contingenza: le immagini selezionate dall’impietoso bollettino giornaliero dei mezzi di informazione sono in realtà simboli universali che fanno parte della storia di oggi, di ieri e quasi certamente anche di quella di domani. Così accanto alle fotografie prelevate dalla stampa, ingrandite e rielaborate con tecniche e materiali del tutto personali (tra cui i bagni di olio di lino cotto), Ionda introduce l’uso delle silhouettes che nelle loro essenzialità acquistano un significato ancora più assoluto. Ecco dunque le sagome nere degli Sbandati, protagonisti indiscussi di un’intera sezione della mostra, profili vaganti senza meta nei quali la deriva dell’essere umano coincide con la perdita della sua dimensione corporea e della propria ombra. Una deriva (che è anche del pensiero) alla quale però Ionda non si rassegna, contrapponendole con forza il credo tutto laico della sacralità della vita e dell’affrancamento nella salvazione. Così in Possiamo rinunciare a sognare?, sotto la sagoma di due migranti spersi nel deserto sul dorso di un asinello, ricompare finalmente l’ombra, mentre una stella decapitata in alto li guida verso la terra promessa. Mentre in Ambigua le stesse stelle vengono lanciate a distanza con l’auspicio, fortemente partecipato da tutti noi in questo momento storico, che possano tornare a illuminare la notte e a rischiarare il faticoso cammino umano.


La personale di Franco Ionda a palazzo Pitti ripercorre l’universo simbolico elaborato dall’artista in quarant’anni di lavoro, a partire dalle celebri “stelle decapitate”.

Franco Ionda. Smarriti - Lost

a cura di Eike Schmidt e Chiara Toti
giugno - luglio 2021
Firenze, Gallerie degli Uffizi
palazzo Pitti, andito degli Angiolini
www.uffizi.it

ART E DOSSIER N. 388
ART E DOSSIER N. 388
GIUGNO 2021
In questo numero: LEGAMI Renzo Piano e Gillo Dorfles. Mary Cassatt e Louisine Havemeyr. PRIME TRACCE DI MONDI NUOVI: Due mappe del Rinascimento. IN MOSTRA: Ionda a Firenze; Samorì a Bologna; Arte americana a Firenze; Schmidt a Parigi; Casa Balla a Roma; Odori all'Aja.Direttore: Claudio Pescio